Five Elements Vol 1 – ACQUA


«L’acqua è il principio di tutte le cose: 
Tutto viene dall’acqua e nell’acqua tutto torna.»
[Talete di Mileto]

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PROGRAMMA

Alexander Scriabin
(Moscow, 1872 – Moscow, 1915)
Sonate-Fantaisie No. 2 Op. 19 

Seconda di dieci, la “Sonata Fantasia” di Aleksandr Scriabin, pur inserendosi in un linguaggio tardo romantico, si distacca dalla forma della grande sonata in quattro movimenti per le sue sonorità innovative. Composta in un lungo lasso di tempo, dal 1892 al 1897, viene intitolata “Sonata Fantasia” ma è anche conosciuta come la “Sonata dei tre mari”, dove il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mediterraneo diventano visione ispiratrice.

«La prima sezione rappresenta la calma della notte su una spiaggia del sud; 
lo sviluppo è la buia agitazione del mare profondissimo. 
Il mi maggiore della sezione centrale evoca il chiaro di luna che appare,
 simile a una carezza, dopo il primo buio della notte. 
Il secondo tempo rappresenta l’ampia distesa dell’oceano agitato dopo una tempesta». 
Alexandr Scriabin

Franz Liszt
(Raiding, 1811 – Bayreuth, 1886)
Les Jeux d’eaux à la Villa d’Este 

Tra il 1835 e il 1882 Franz Liszt compone “Les Années de pèlérinage”. All’interno della terza e ultima raccolta, “Les jeux d’eau à la Villa d’Este” è frutto dei suoi soggiorni nell’incanto di Tivoli. Tra le note si scorge un Liszt ormai maturo che sente ormai il bisogno di concludere il viaggio dell’esistenza come un pellegrino, un Wanderer tedesco, che approda ad una serenità priva di pesi materiali. Nel brano, le visioni più particolareggiate, come possono essere gli zampilli delle fontane di Villa d’Este, prendono respiro in momenti di grande spiritualità e religiosità. Liszt stesso, nella composizione, marcò una personale annotazione tratta dal Vangelo secondo Giovanni:

«Ma l’acqua, che io gli darò, diventerà in lui sorgente d’acqua che scaturisce in vita eterna».

Maurice Ravel
(Ciboure, 1875 – Paris, 1937)
Jeux d’eau

Nel 1901 Maurice Ravel compone una sua versione di “Jeux d’eau” come omaggio al brano di Liszt, che ha lasciato un segno indelebile nel mondo della musica. Discostandosi dal concetto di consonanza, qui la materia sonora viene caratterizzata da un’inedita gestualità pianistica, che farà intravedere un pianismo più astratto. La citazione del frontespizio della partitura è tratta dalla poesia “Fête d’eau”, “Festa d’acqua”, di Henri de Régnier e si avvicina ad una visione pagana della natura:

«Divinità marina sul dorso di una tartaruga, dio fluviale che sorride all’acqua che lo solletica». 
Henri de Régnier

Maurice Ravel
(Ciboure, 1875 – Paris, 1937)
Une barque sur l’océan

“Miroirs”, “Specchi”, è una suite pianistica che Ravel compone nel 1905, dedicandone i cinque brani al movimento di artisti d’avanguardia di cui egli stesso faceva parte, chiamato “Les Apaches”, “I Teppisti”. Il brano “Une barque sur l’Océan”, dedicato al pittore Paul Sordes, racconta di una barca che scivola sulle onde dell’oceano: l’accecante splendore che colpisce la superficie dell’acqua, investita dal sole e increspata dal vento, racconta il trionfo della luce.

Maurice Ravel
(Ciboure, 1875 – Paris, 1937)
Ondine

Il noto trittico “Gaspard de la nuit”, composto da Ravel nel 1908, si ispira ad un libretto di ballate in prosa scritto nel 1836 da Louis Bertrand, conosciuto con lo pseudonimo di Aloysius. È l’amico pianista Ricardo Viñes ad avvicinarlo alla lettura di questi racconti mistici in un momento di grande tristezza per il giovane Ravel: la sua famiglia si è trasferita nel cupo appartamento di Rue Chevallier, invaso da “lamiere assordanti, fracasso di cammions, colpi di incudini e urla delle sirene”; il padre Joseph, infermo, vive in uno stato di incoscienza a causa di un problema cerebrale. Così i tre soggetti che il compositore scelse per la sua opera pianistica tra i personaggi di Bertrand sono accomunati da sentimenti di angoscia e smarrimento. “Ondine”, è una sirena malvagia e capricciosa che, illuminata dai raggi della luna, trascina negli abissi i poveri sventurati che restano incantati dal suono della sua voce.

«E quando le risposi che amavo una mortale, indispettita e amara, versò qualche lacrima, scoppiò a ridere, e svanì in una raffica di pioggia che grondò biancastra lungo le mie vetrate blu».
Aloysius Bertrand

Claude Debussy
(Saint-Germain-en-Laye, 1862 – Paris, 1918)
La Cathédrale engloutie

Se il linguaggio di Ravel si può definire evocativo e metafisico, lo stile di Claude Debussy è maggiormente legato al simbolismo. Ne rivelano l’inconfondibile ricerca di timbro e colore sia “La Cathédrale engloutie” (dal primo libro dei “Preludes” del 1910) che Reflets dans l’eau” (dalla raccolta “Images” del 1905). Il primo è un brano ispirato ad una leggenda bretone dove si narra della città di Ys  inghiottita dal mare per le colpe dei suoi abitanti. La cattedrale della città riemerge dalle acque ogni giorno all’alba a monito per la nuova popolazione, per poi sprofondare negli abissi e scomparire nuovamente. Debussy si ispira alla leggenda per poter ritrarre in musica un evento portentoso, dove la nebbia mattutina, il frastuono delle onde, il suono delle campane e dell’organo sono resi con effetti onomatopeici di grande suggestione. 

Claude Debussy
(Saint-Germain-en-Laye, 1862 – Paris, 1918)
Reflets dans l’eau

Il primo libro delle “Images” inizia con il brano Reflets dans l’eau”. La biografia di Claude Debussy racconta di una stanza tappezzata di immagini eleganti ritagliate da riviste di opere d’arte, che il compositore prendeva senza pudore dalla biblioteca di un compagno di studi del Conservatorio (Raymond Bonheur). Sin da ragazzo, il suo universo fantastico si è nutrito di visioni di bellezza. Nelle quattro raccolte di “Images” il compositore volle chiaramente immortalare nelle partiture le suggestioni visive legate alla natura che maggiormente lo avevano colpito. Debussy terminò i “Reflects” solo qualche mese dopo l’esposizione delle prime tredici tele che Claude Monet aveva dedicato alle ninfee sullo specchio d’acqua della sua casa di Giverny.

«Penso che la musica contenga una libertà, più di qualsiasi altra arte, non limitandosi solo alla riproduzione esatta della natura, ma ai legami misteriosi tra la natura e l’immaginazione».

Claude Debussy

Claude Debussy
(Saint-Germain-en-Laye, 1862 – Paris, 1918)
L’isle joyeuse

Debussy compose “L’isle joyeuse” ispirandosi al dipinto “L’ embarquement pour Cythere” (1717, Museo del Louvre) che Antoine Watteau dipinse suggestionato dal mito delle isole felici o isole dei beati. Si tratta di una composizione pensata come brano da gran concerto, in cui prevale una struttura virtuosistica postlisztiana: qui vi emergono trasposizioni dell’elemento dell’acqua e del tema dell’amore, sollecitate da un forte entusiasmo musicale a cui fanno da orpello elementi esotici. 

«Ci aspetta l’Oceano che circonda la terra: dirigiamoci dunque alle terre felici, alle isole dove 
il suolo dà messi ogni anno senza essere arato, dove senza essere potata cresce la vite,
dove germoglia l’olivo senza mancare alle attese,
e il fico scuro adorna il suo albero, 
il miele sgorga dal leccio cavo,
e dall’alto dei monti sgorga lieve l’acqua con corso sonoro». 
Orazio

Testi di Francesco Maria Moncher

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